Incontri Teatro

6 e 7/12 – “The Children” al Teatro Due

Elisabetta Pozzi

THE CHILDREN
di Lucy Kirkwood

traduzione di Monica Capuani

SPAZIO GRANDE
6 e 7 dicembre, ore 20:30
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con
Elisabetta Pozzi, Giovanni Crippa, Francesca Ciocchetti

scene Alessandro Chiti
costumi Ilaria Ariemme
luci Cesare Agoni
musiche Daniele D’Angelo

regia Andrea Chiodi

produzione CTB Centro Teatrale Bresciano

In un cottage sulla costa della Gran Bretagna vivono Hazel e Robin, una coppia di fisici nucleari in pensione. Il mondo intorno a loro è sconvolto da un recente disastro, uno tsunami provocato da un incidente a una centrale nucleare della zona, dove un tempo entrambi hanno lavorato. Anche la vita domestica di Hazel e Robin, che pure si aggrappano disperatamente a brandelli di normalità, mostra i segni della catastrofe: l’elettricità è spesso assente, l’acqua non è potabile, il rischio di contaminazione radioattiva è costante… Un giorno i coniugi ricevono l’inattesa visita di una loro vecchia amica e collega, Rose, che credevano morta. L’incontro con lei turba il fragile equilibrio familiare e rivela modi assai diversi di vedere e vivere la vita, imponendo a Hazel e Robin scelte radicali.
Testo pluripremiato dell’autrice britannica Lucy Kirkwood, definito dalla critica come un testo che “afferra compulsivamente” (The Guardian), scritto dalla “drammaturga più gratificante della sua generazione” (The Independent), The children affronta tematiche urgenti come l’ambiente, l’equilibrio tra responsabilità individuale e collettiva, il cortocircuito relazionale tra le generazioni, il senso di ipoteca dell’uomo contemporaneo sul proprio futuro e quello del pianeta.

ph. Masiar Pasquali

La complessità e l’astuzia della scrittura di Lucy Kirkwood consentono un lavoro sul testo a diversi livelli di profondità, affrontando le problematiche e i conflitti più intimi e privati dei personaggi insieme a temi universali, morali e collettivi, in un intreccio intonato e ricco di equilibrio. I personaggi agiscono in un luogo che è esso stesso protagonista e spettatore silenzioso, carico di storie, ricordi legati alla vita dei tre colleghi, anch’esso piegato e compromesso dal disastro che ha colpito il paese, una casa che è al tempo stesso rifugio segreto e campo di battaglia e che appartiene in modo diverso a ciascuno. Una casa che ho voluto che fosse storta, non solo perché il terreno dove si svolge l’azione frana, ma perché spesso le cose della vita si inclinano, si “stortano”, prendono strade che non possiamo sapere.
Ho desiderato che l’incedere della vicenda fosse raccontato e detto come un flusso di pensieri che accadono nell’esatto momento in cui vengono detti, con stati d’animo che cambiano repentinamente passando dal riso al pianto nell’arco della stessa battuta, come forse avviene anche nella vita. Ecco sì, come accade nella vita, perché il teatro, questa drammaturgia in particolare, non fa altro che spalancarci alle infinite possibilità di conoscenza del cuore e del pensiero dell’uomo.

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