Per nessuno dei più grandi poeti del Novecento, non solo in Italia, il cinema ha tanto contato quanto per Attilio Bertolucci: non è certo un caso se questa sua passione sia stata fatta propria dai figli Bernardo e Giuseppe, diventando il filo conduttore del loro destino.
Giovedì 2 luglio, nell’Arena estiva del cinema Edison a Parma sarà dedicata una serata al poeta nel ventesimo anniversario della sua scomparsa. La serata, organizzata da Solares Fondazione delle Arti in collaborazione con la Fondazione Cineteca di Bologna, comincerà verso le 21,30 con un intervento del maggior studioso e conoscitore dell’opera di Bertolucci, Paolo Lagazzi; a seguire, Piergiorgio Gallicani leggerà alcune poesie di Bertolucci contenenti riferimenti vari al cinema; infine verrà proiettato uno dei capolavori assoluti del cinema, “La febbre dell’oro” di Chaplin (film amatissimo da Bertolucci) in una copia restaurata.
Il momento della scoperta del cinema da parte di Attilio Bertolucci si colloca nella seconda metà degli anni Venti, quando gli fu possibile assistere per la prima volta alla proiezione di opere firmate da registi quali Chaplin, Dreyer, Stroheim, Hawks e Murnau. Essendo, allora, il cinema muto, la pura forza delle immagini in movimento aveva qualcosa delle rivelazioni assolute, tali da cambiare radicalmente il modo di vedere il mondo. A quell’incontro Bertolucci sarebbe rimasto sempre fedele. Nella sua poesia il “racconto” della vita attraverso lo scorrere di volti e luoghi nel flusso del tempo, e l’improvviso apparire di figure epifaniche, ha spesso un chiaro imprinting cinematografico, mentre nella sua opera critica spiccano gli innumerevoli articoli dedicati a quei film di cui, per anni e anni, egli si sarebbe nutrito come di un indispensabile pane e vino quotidiano.